Titolo originale: September 5
Regia: Tim Fehlbaum
Produzione: Germania, Stati Uniti d’America
Anno: 2024
Monaco 1972. È in corso la XX Olimpiade e le gare sono in pieno svolgimento. L’emittente americana ABC è impegnata nella diretta dell’evento, trasmessa da uno studio a ridosso del Villaggio Olimpico via satellite e a colori, due innovazioni tecnologiche recentissime, che permettono agli spettatori di tutto il mondo di vedere le gare come mai si erano viste nelle edizioni precedenti.
Ma è anche una Olimpiade molto particolare. La II Guerra Mondiale è finita da meno di trent’anni e le sue ferite bruciano ancora nella generazione di coloro che l’hanno vissuta o ci ha perso qualcuno. Mentre la Guerra Fredda fra i due blocchi Est-Ovest è fonte di grandi tensioni, in particolare proprio per quanto riguarda la Germania, divisa in due dopo la sconfitta nel conflitto mondiale. La Germania Ovest ha organizzato i Giochi anche come momento di rinascita e rinnovamento, per far dimenticare gli orrori compiuti dai nazisti e presentarsi al mondo sotto una nuova luce.
È questo il contesto storico in cui è ambientata la pellicola September 5 – La diretta che cambiò la storia, con la regia di Tim Fehlbaum che ci racconta le dinamiche della redazione sportiva della ABC, impegnata nella cronaca delle gare fino a quando succede l’impensabile. Praticamente tutto il film è ambientato nella cabina di regia, dove il mondo esterno arriva solo attraverso i monitor, esattamente come per gli spettatori, con la differenza che qui gli schermi sono più di uno ed è proprio qui che si decide cosa far vedere al pubblico.
All’inizio tutto procede secondo la routine, con l’avvicendamento degli addetti impegnati su più turni a causa del fuso orario differente fra Germania e Stati Uniti, che costringe la redazione a lavorare anche di notte per confezionare i servizi per il pubblico americano. Proprio il fatto di essere al lavoro nelle ore notturne fa sì che i giornalisti della ABC siano fra i primi a capire che sta succedendo qualcosa di strano, quando sentono degli spari provenire dal vicino Villaggio Olimpico. A quel punto, diventa centrale il ruolo di Marianne Gebhardt, la traduttrice tedesca assegnata alla redazione (interpretata efficacemente da Leonie Benesch, già ottima protagonista de La sala professori), l’unica in grado di comprendere le notizie che arrivano da una radio sintonizzata sulle frequenze della Polizia.
Nessuno, in quel momento, può sapere che è in atto uno degli episodi terroristici più sanguinosi del secolo scorso, entrato nell’immaginario collettivo grazie all’enorme copertura mediatica ricevuta proprio perché avvenuto nel contesto olimpico, davanti agli occhi di milioni di spettatori. Un commando dell’organizzazione palestinese Settembre Nero è penetrato all’interno degli alloggi della delegazione israeliana, uccidendo immediatamente due atleti e prendendo in ostaggio nove componenti della squadra. L’azione violenta coglie la polizia e le autorità tedesche di sorpresa. Lo “spirito olimpico” di pace e fratellanza, unito al recente ricordo dell’Olocausto, hanno fatto sì che gli organizzatori non volessero guardie armate nel Villaggio Olimpico: la presenza di tedeschi in armi intorno a degli ebrei avrebbe potuto riportare a galla la memoria dei Lager, ancora tristemente recente, immagine che la nuova Germania occidentale voleva assolutamente consegnare all’oblio della storia.
Mentre la redazione della ABC reagisce con prontezza, dimostrando grande professionalità, flessibilità e inventiva, dal lato opposto appare evidente che la polizia tedesca è totalmente impreparata e non sa come affrontare la questione. Solo l’esercito avrebbe dei reparti speciali in grado di intervenire, ma la nuova Costituzione antibellicista emanata dopo la tragedia della guerra limita fortemente l’impiego delle forze armate. Tutto questo, insieme alla concitazione e alla confusione di quei momenti, viene descritto dal ritmo serrato del film, dove si accavallano i dialoghi di una sceneggiatura densa, nella quale la già citata interprete tedesca diventa perno fondamentale della narrazione, visto che il suo ruolo le consente di spiegare al resto della redazione – e di riflesso anche allo spettatore – cosa sta succedendo e perché.
Il punto di vista del pubblico in sala è infatti lo stesso dei protagonisti, gli studi di registrazione e in particolare la cabina di regia, da dove assistiamo per la prima volta agli accadimenti della Storia in parallelo alle dinamiche e ai meccanismi che ne consentono il racconto in diretta, con grande attenzione alle emozioni dei giornalisti coinvolti, ma anche al lato tecnico, con una fedele ricostruzione dei macchinari e delle procedure di un recente passato ormai superato dall’avvento del digitale. Attraverso i monitor della regia e le azioni dei componenti della redazione vediamo dipanarsi il dramma di un atto terroristico in corso, le strategie e i fallimenti delle autorità e delle forze di polizia tedesche, il riverbero della politica internazionale attraverso le offerte di aiuto da parte di Israele, ma anche le dinamiche della comunicazione giornalistica e delle strategie del network televisivo, con la redazione sportiva che difende con le unghie il proprio diritto di cronaca su un episodio al di fuori della propria competenza e che spetterebbe al notiziario. Così come la dirigenza della ABC sgomita per ampliare le proprie fasce di utilizzo della trasmissione satellitare, all’epoca dosate con il contagocce, vista la scarsità di ripetitori orbitali.
Le lunghe ore del sequestro e dei vari ultimatum dilatati e rimandati dai terroristi vengono forzatamente compresse nella durata della pellicola, dove non sempre lo scorrere dei tempi è rappresentato con efficacia, per cui a volte si fatica a capire che fra un dialogo e l’altro sono passate ore e non minuti, ma nel complesso la narrazione tiene bene, sia dal punto di vista della chimica e dell’interazione fra personaggi e interpreti, sia nella ricostruzione del racconto del dramma in corso. Fino al tragico epilogo finale che la cronaca ci ha già tramandato, con tanto di fraintendimenti e notizie false – quelle che oggi definiremmo fake news – che non si capisce se derivino dalla confusione del momento o da una deliberata volontà di disinformazione.
In sintesi, i prodromi del mondo attuale della comunicazione, dove la cronaca diventa spettacolo e lo spettacolo diventa business, con l’informazione, le notizie e il diritto di cronaca costretti a piegarsi alle esigenze implacabili dell’audience e degli sponsor pubblicitari. Un processo (forse) irreversibile iniziato proprio quel tragico 5 Settembre, con la diretta che cambiò la Storia.