_UN PROGETTO DI BABELICA APS

ESTRANEI | You were always on my mind (forever and ever)

Titolo originale: All of Us Strangers
Regia: Andrew Haigh
Anno: 2023
Produzione: Regno Unito, Stati Uniti d’America

h6>una recensione a cura di Elena Pacca

Tu affogando per respirare

Imparando anche a sanguinare

Nel giorno che sfugge

Il tempo reale sei tu

A difendermi e a farmi male

Sezionare la notte e il cuore

Per sentirmi vivo

In tutti i miei sbagli

[Subsonica]

Vedere, sentire, finalmente commuoversi.

Tutti i film o almeno gran parte meriterebbero una seconda visione ma mai come Estranei di Andrew Haigh, per il quale è necessaria, fondamentale. La prima volta la mente è in costante elaborazione di percorso perché è come un navigatore che perde la rotta e ricalcola incessantemente e questo, giocoforza, ti allontana un po’ dal sentire il film. La seconda volta un po’ conosci la strada e puoi lasciarti andare, goderti il viaggio senza preoccupazioni, entrare finalmente nel film e abbandonarti a quello che ognuno percepisce e interpreta in misura del proprio vissuto.

Una recensione che non sarà propriamente critica ma piuttosto sentimentale e personale, più di quanto lo siano sempre le altre. Impossibile dire una trama senza rivelare e togliere non chi sia l’assassino perché non è un giallo, ma le possibili interpretazioni di quanto accade sullo schermo. Estranei è una storia di dolore, di riconciliazione con il passato, di difficoltà a lasciare andare, di crescita e di identità, di genitorialità, di infanzia, di pregiudizio e di pacificazione. Di rivelazioni e dichiarazioni, di ammissioni e confessioni, di domande e di risposte. Di campi, controcampi e messe a fuoco. Di solitudine e ancora di dolore, di impossibilità a viversi, di isolamento e di paure, di occasioni mancate e di rimpianti, di sensi di colpa e rimorsi, di felicità e sollievo. Di ricordi, di indugi e di perdono. Di richieste d’aiuto e bottiglie di whisky. Di realtà, di sogno, di fantasia, di proiezione e di immaginazione. Di amore, di passione e di intimità, di incapacità e di respiro, di desiderio e di inquietudine, di mani che si intrecciano incessantemente, di risvegli, di incubi e abbracci e spalle su cui poter piangere. Di sogni che forse muoiono all’alba e noi non sappiamo nemmeno perché, di abbandoni e di conforto, di lacrime e sperma, di sorrisi e di sguardi.

The game I used to play

I’ve always put my card upon the table

Never be said that I’d be unstable

Just my imagination (my imagination)

Just my imagination (my imagination)

Just my imagination (my imagination)

[Cranberries]

E di canzoni e album di vinile. Di Frankie Goes to Hollywood ed Erasure, di Pet Shop Boys ed Alison Moyet, di Blur, di Fine Young Cannibals e di Housemartins. The Power of Love e Is This Love?, Johnny Come Home e Death of a Party. Di sceneggiature, fantasmi e alberi di Natale.

Ooh, sometimes

The truth is harder than the pain inside, yeah

Ooh, sometimes

It’s the broken heart that decides

[Erasure]

Di Adam e Harry, naufraghi alla deriva in quell’alto edificio londinese che ospita soltanto loro. Chissà mai se arriverà qualcuno in futuro ad abitarlo, a spezzare quel silenzio che ossessiona. Un rumore bianco interrotto soltanto dall’allarme antincendio che parte senza motivo o dai rumori sordi di quell’ascensore che conosce soltanto i piani corrispondenti ai loro due appartamenti. Di tagli di luce calda che accarezza a lungo, benevola, i loro volti. Di pause, accelerazioni e intromissioni.

It’s oh so quiet

It’s oh so still

You’re all alone

And so peaceful until

You ring the bell

[Bjork]

E di quelle frasi che risuonano quasi per caso scolpite nell’interspazio addensato di sguardi ad alto voltaggio che assumono un peso specifico quasi insopportabile. Il futuro non conta, Ci sono i vampiri alla mia porta, Ogni cosa è diversa adesso, E’ stato tanto tempo fa, Non credo che importi, So quanto è facile smettere di prendersi cura di se stessi, Harry potrebbe aver bisogno di qualcuno che si prenda cura di lui, Come è stato rimanere solo? Io ero già solo,

Lasciami entrare.

Un’inquadratura finale di radicale tenerezza e altrettanto struggimento. Dalla terra al cielo. Da un letto all’universo. Si, forse bisogna avere un caos dentro di sé per partorire una stella danzante. Ma forse, pure una costellazione pulsante.

I’ll protect you from the hooded claw

Keep the vampires from your door

Dreams are like angels

They keep bad at bay, bad at bay

Love is the light

Scaring darkness away, yeah

[Frankie Goes to Hollywood]

[Andrew Haigh dopo Weekend (2011) e 45 anni (2015) conferma la sua attitudine lirica, la sua sensibilità e la sua delicatezza di sguardo sui sentimenti e sui personaggi. Meravigliosi i quattro interpreti: Andrew Scott (Adam),  Paul Mescal (Harry), Claire Foy (la madre di Adam), Jamie Bell (il padre di Adam)].

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