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MICKEY 17 | O del fare politica con leggerezza

Regia: Bong Joon-ho
Produzione: Stati Uniti d’America, Regno Unito
Anno: 2025

È giunto finalmente in sala Mickey 17, il nuovo lungometraggio del regista coreano Bong Joon-ho, all’ottavo filmImmagine 1 1 1 della sua carriera. L’attesa dei cinefili è stata inaspettatamente lunga – anche a causa del rinvio di quasi un anno dell’uscita al cinema – e alte erano le aspettative, com’era inevitabile che fosse dopo il successo di un capolavoro quale Parasite (2019), vincitore di quattro Oscar e numerosi altri premi.

Le vicende narrate si svolgono in un futuro a noi relativamente prossimo, nel quale la tecnologia ha fatto passi da gigante sia per quel che riguarda i viaggi spaziali – impensabili all’inizio del terzo millennio – sia per ciò che concerne la clonazione dell’essere umano, diventata possibile grazie a innovative stampanti 3D e a rivoluzionari sistemi di download/upload dell’intera memoria di una persona. Su un pianeta Terra in crisi a causa della sovrappopolazione e dei disastri ambientali e sociali, l’uso della tecnologia di duplicazione è stato bandito dopo un lungo e acceso dibattito a causa delle complesse implicazioni etico-filosofiche di una simile pratica. Il divieto non è – però – totale, poiché si è deciso di impiegare la clonazione in alcuni particolari casi, come – ad esempio – le missioni di colonizzazione di nuovi pianeti, lanciate dalla Terra sotto l’egida di un uomo politico cialtrone e dalle mire discutibili e potenzialmente totalitarie. Non a caso, le copie di esseri umani – stampate in 3D alla morte dell’originale o del precedente clone – sono definiti come i “sacrificabili”. E così sono trattati a tutti gli effetti.

In tale contesto, si inserisce il protagonista Mickey Barnes (Robert Pattinson), che dovendo lasciare la Terra per cause di forza maggiore si unisce alla spedizione di colonizzazione in partenza per il pianeta Niflheim. Sapendo fare, però, poco o nulla, per farsi ammettere tra l’equipaggio dell’astronave non trova altra soluzione che candidarsi come “sacrificabile”.  Da qui prende avvio l’intreccio in cui Mickey assolve il ruolo di cavia umana e svolge un insieme di compiti estremamente pericolosi, che lo portano a morire e rinascere più volte secondo uno schema che si ripete fino alla sua diciassettesima replica, quando qualcosa cambierà la prevedibile successione degli eventi.

Non si approfondisce ulteriormente lo svolgersi della vicenda per non pregiudicare la visione del film, ma il plot summenzionato permette di ravvisare temi già trattati in passato da Bong Joon-ho, a cui se ne affiancano di nuovi.Immagine 2 1 1 Un tema caro al regista è sicuramente la responsabilità della scienza e l’uso improprio della stessa da parte dell’umanità, già approfonditi in Okja (2017) e nel distopico Snowpiercer (2013). Oltre al tema etico, ritroviamo anche l’empatia – presente in Okja – per i soggetti degli esperimenti, che in Mickey 17 diventano gli essere umani, rendendo ancora più esplicita la posizione del regista rispetto allo sfruttamento del mondo animale. Oltre a ciò, argomento centrale di Snowpiercer e – successivamente – del già citato Parasite, è la critica alla società classista e rigidamente gerarchizzata: in Mickey 17 il tema viene riproposto con la netta divisione tra il numeroso equipaggio dei futuri colonizzatori e i leader della missione, che godono di ben altri privilegi. È importante osservare, peraltro, come anche all’interno dell’equipaggio si ripresenti una stratificazione di ruoli nella quale il povero Mickey rappresenta l’elemento ultimo. L’analisi critica si arricchisce e completa evidenziando come e con quale rapidità, in una società del genere, la situazione possa degenerare in sopraffazione e manipolazione delle persone: le posture volitive à la Mussolini del capo-missione Kenneth Marshall (Mark Ruffalo) e della moglie Ylfa (Toni Collette) sottolineano visivamente e in modo volutamente grottesco la deriva fascista. Non manca – inoltre – il tema dei coloni, che spesso sono i cosiddetti “ultimi” della società di provenienza e che giunti nel nuovo ambiente si rivalgono sulla popolazione nativa in una lotta per la sopravvivenza e per l’accaparramento delle risorse di un pianeta non certo ospitale come Niflheim, il cui nome non a caso richiama il Niflheimr (o “terra delle nebbie”) della mitologia norrena, regno del ghiaccio e del freddo.

Sul piano psicologico c’è, infine, il tema del “doppio” e in particolare la domanda su che cosa costituisca laImmagine 3 1 1 reale personalità di un individuo, che – composta da mille sfaccettature – dà vita a versioni di sé molto diverse fra loro a seconda di quali suoi lati prevalgano o siano repressi. Esiste, quindi, un’essenza ultima di una persona che rimanga sempre la stessa? Per Bong Joon-ho si direbbe di sì ed è quella che, alla fine, guida le scelte più importanti di una persona, una posizione che rende il messaggio finale del film sicuramente più ottimista di quello di molte opere precedenti.

In conclusione, nonostante le buone intenzioni e la ricchezza di temi vicini all’attualità e alle nuove sensibilità del pubblico, Mickey 17 – seppur nobilitato dalla fotografia di Darius Khondji – non è forse al livello dei migliori film dell’autore coreano. Troppi e troppo importanti, infatti, i temi trattati rispetto alla pur significativa durata del film (139 minuti), per un risultato finale che non riesce, in termini pratici, a svilupparne nessuno in profondità. Buona prova di Robert Pattinson, che aveva già interpretato un ruolo per certi versi simile nel film High Life (2018) di Claire Denis e che ancora una volta si conferma capace di ben adattarsi a ruoli diversi. Ben in parte anche la sua spalla Naomi Ackie, vista di recente nel distopico Blink Twice (2024) di Zoë Kravitz. Volutamente grottesca e sopra le righe la coppia di ottimi interpreti Mark Ruffalo e Toni Collette, anche se il primo corre il rischio – dopo la partecipazione a Povere Creature (2023) di Yorgos Lanthimos – di restare prigioniero di ruoli in parte “eccessivi”.

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