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I PECCATORI | La musica è il male

Titolo: I peccatori (Sinners)

Regia: Ryan Coogler

Paesi di produzione: Stati Uniti d’America

Anno: 2025

 

Diversamente dal solito iniziamo dalla fine: il film è davveroImmagine 1 1 1 bello, ben costruito e – quindi – ben riuscito, un’autentica rivelazione visto che il trentanovenne regista statunitense Ryan Coogler fino a oggi aveva girato soprattutto film mainstream  quali Creed (2015) e la coppia targata Marvel Black Panther (2018) e Black Panther – Wakanda Forever (2022), comunque ben accolti dal pubblico e dalla critica. E il giudizio positivo sulla nuova opera riguarda – a tutto tondo – plot, ambientazione, sceneggiatura, colonna sonora.

La vicenda narrata si svolge nel 1932 in un piccolo centro del Mississippi, dove i gemelli Elijah “Smoke” ed Elias “Stack” Moore (ambedue impersonati da Michael B. Jordan) rientrano a casa dopo un lungo periodo di assenza. Hanno combattuto durante la Prima Guerra Mondiale, viaggiato per il mondo e vissuto alcuni anni a Chicago, che hanno lasciato per tornare in Mississippi con il denaro sottratto ai soci gangster con i quali hanno “lavorato” per anni. Il rientro è il segno tangibile della disillusione degli afroamericani dell’epoca, un momento della storia contemporanea degli Stati Uniti d’America in cui gli ex-schiavi e i loro nipoti speravano fosse in via di realizzazione una società più aperta e tollerante. Chicago, però, si è rivelata poco accogliente con i gemelli Moore, che prima finiscono per delinquere e poi tornano nella loro terra d’origine.

Immagine 2 1Il rientro a casa – un Mississippi in cui le piantagioni di cotone continuano a costituire una parte importante dell’economia dello stato – è in qualche modo una scelta di “rinascita”: i due giovani uomini, infatti, acquistano un’ex-segheria da un proprietario bianco – membro del Ku Klux Klan – nella quale intendono aprire un jukebar dove suonare musica nera per la popolazione nera del luogo, un blues che sia catartico e liberatorio dopo una settimana di lavoro durissimo. Nell’impresa vengono coinvolti un vecchio musicista di pianoforte (Delroy Lindo), una giovane ragazza (Jayme Lawson) dotata di una splendida voce, la moglie di uno dei due gemelli (Wunmi Mosaku) e – soprattutto – un giovane chitarrista (Miles Caton) figlio del reverendo, da tutti considerato capace di estrarre note miracolose del proprio strumento.

La vita del locale e dei vari personaggi prende, però, una piega inaspettata e non per ragioni razziali come lo spettatore – visivamente immerso in un ambiente sociale e culturale perfettamente ricostruito – si sarebbe aspettato, ma per ragioni sovrannaturali. Alcuni essere umani, infatti, sono ritenuti in grado di evocare involontariamente i demoni attraverso la loro musica: a queste tradizioni si rifanno popoli di tutta la terra come i nativi americani, gli irlandesi – le cui radici pre-cristiane risalgono alla notte dei tempi – e gli ex- schiavi originari dall’Africa Nera, i cui cantori (griot) erano capaci di raggiungere stati catartici attraverso il ritmo e la musica, effetti richiamati – in modo diverso ma affine – anche in Elvis (2022) di Baz Luhrmann. Proprio queste capacità del giovane chitarrista – così temuta dal padre reverendo – segna il cambio di passo del film, che in un attimo passa da una filologica ricostruzione storico-sociale-musicale – non lontana da quella vista in Ma Rainey’s Black Bottom (2020) di George C. Wolfe – a un’intensissima evoluzione horror. Anche in questo caso, Ryan Coogler sa richiamare alla mente dello spettatore film importanti ai quali in parte si richiama per alcune idee e passaggi visivi, come – ad esempio – La notte dei morti viventi (1968) di George A. Romero e L’invasione degli ultracorpi (1956) di Don Siegel.

Davvero originale è il nucleo centrale del film, che parla – tramite una potente metafora – del potere trasformativo e rigenerativo della musica, inImmagine 3 1 quanto possibile mezzo di riscatto. Il blues in particolare è decritto per la sua funzione emancipatrice della popolazione afroamericana, analizzata sotto ogni profilo da moltissimi testi tra cui – declinata al femminile – dal saggio “Blues Legacies and Black Feminism: Gertrude ‘Ma’ Rainey, Bessie Smith, and Billie Holiday” (1998) dell’attivista e femminista americana Angela Davis. Questo, infatti, sembra essere il messaggio metaforico e concreto de I peccatori: la musica e le storie che essa racconta hanno il potere di liberare ciò che l’uomo porta dentro di sé, in tutta la sua bellissima o terribile realtà, senza distinzioni di etnia, censo, colore della pelle.

In conclusione, Ryan Coogler confeziona un film originale e sorprendente, uno dei migliori fra quelli visti in sala in questa prima parte del 2025. Buona la performance del cast nel suo complesso e davvero notevole la colonna sonora dell’ormai monumentale Ludwig Göransson. Imperdibile il piccolo cameo di Buddy Guy – uno dei massimi esponenti dell’Electric blues americano – nella parte dell’ormai anziano chitarrista capace di liberare i demoni interiori. Le aspettative per il prossimo film non saranno, quindi, facili da soddisfare.

 

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