un rapido sguardo alle visioni di aprile 2021
Girl – L. Dhont, 2018
Storia di una adolescente transgender Victor/Lara, femmina imprigionata in un corpo maschile che tenta di sublimare con la passione per la danza classica lo smarrimento e il dolore per una identità sessuale che lei sente femminile. Seppure appoggiata dal padre il percorso di transizione di genere è per lei difficile da tollerare perché ha i suoi tempi. Sottopone ad estenuanti sedute di danza quel corpo che sente nemico e cerca di piegare ai suoi desideri. La sua impazienza sarà una nemica fatale.
Ottima l’interpretazione di Victor Polster nella parte di Victor/Lara.
Tiziana Garneri
L’uomo che uccise Hitler e poi il Bigfoot – R. D. Krzykowski, 2018
Nonostante il titolo, non è un trash-movie né un omaggio a certa linea in stile Troma. E’ piuttosto una singolare storia a base fantastica su un uomo e la sua malinconia, diviso tra ricordi e presente. E in mezzo la solitudine.
Ha del suo.
Alessandro Cellamare
Bliss – M. Cahill, 2021
Cortocircuito di sentimenti tra mondo reale e mondo irreale. Una fantascienza d’azione senza mai certezze a cui aggrapparsi.
Gli autori tentano di uscire dagli schemi più comuni ma non riescono ad imboccare una nuova strada. Non mancano echi da cinematografie consolidate senza, però, che se ne sfrutti adeguatamente il peso. Anche i personaggi non convincono del tutto, ma, soprattutto, Bliss non tocca mai la corde più profonde mancando di quella personalità che rende un film indimenticabile.
Ezio Genitoni
La donna di sabbia – H. Teshigahara, 1964
Non riesco a trovare le parole per il tourbillon di suggestioni che questo film superbo mi suscita. Sottolineato da una inquietante musica, un po’ thriller, ricco di metafore, di Eros, di claustrofobia, di osservazioni sulla società e sull’esistere. In un susseguirsi di un B/N mozzafiato, perfetto nelle sfumature, che accarezza i volti, il sudore intriso di sabbia, la sabbia stessa che è la marea della vita. Un piccolo gioiello di quelli che difficilmente si dimenticano.
Tiziana Garneri
L’uomo con la macchina da presa – D. Vertov, 1929
Titolo d’avanguardia, supera probabilmente gli intenti del regista. Mentre cerca di emancipare il documentario rispetto alla finzione, Dziga Vertov crea un’opera che dimostra che ogni sguardo è prospettiva prima che realtà, e talvolta è Cinema.
Come L’uomo con la macchina da presa.
Alessandro Cellamare
Durante la tormenta – O. Paulo, 2018
Come Il libro che appare nel film, Mirage è il titolo inglese che ben descrive la straniante situazione con cui Vera Roy, la protagonista, è costretta a confrontarsi. Un’interminabile tempesta spira e s’impone come sfondo continuo ed allarmante ad una narrazione fantascientifica intrisa di suspense ma leggera, piacevole e dal sapore vintage.
Ezio Genitoni
Le ricette della signora Toku – N. Kawase, 2015
La marmellata che sa confezionare questa anziana signora con cui riempie i dolcetti “dorayaki” è un “anko” stupendo ove il segreto è rispettare i fagioli azuki mentre cuociono, accarezzandoli con delicatezza. Così come lei accarezza la vita nonostante i postumi di una malattia e i dolori che essa riserva, vivendola in punta di piedi, sempre col sorriso rivolto ai ciliegi in fiore, al sole, al prossimo. Sapendo anche uscire di scena dopo aver fatto dono della sua arte, sempre con gentilezza.
Tiziana Garneri
Equus – S. Lumet, 1977
Conturbante, Equus è un film viscerale, fatto della materia dell’inconscio, di un’espressività violenta, quasi orrorifica. Film di grandi interpretazioni, gli difetta una più curata caduta nell’incubo del medico, che appare poco fluida.
Anomalo e da vedere, al di là di tutto.
Alessandro Cellamare
Pieces of a Woman – K. Mundruczó, 2020
L’elaborazione e la presa di coscienza di un evento non puntano per tutti necessariamente verso la stessa direzione. In sintesi, questa la sostanza del film di Kornél Mundruczó.
La camera scruta sapientemente Martha e la insegue per intercettare il suo percorso. Inequivocabile la locandina, che con un semplice quanto eloquente ritratto, rivela il fulcro della narrazione: l’interpretazione della protagonista, estremamente coinvolgente, è la perla di un film che, dopo un inizio “col botto”, perde vigore e originalità.
Ezio Genitoni
Monster Man – M. Davis, 2003
Si salva poco e niente di questo horroraccio di serie Z, pur inquadrandolo nella corretta categoria (commedia/horror/trash). Simpatia per il monster truck e un occhio di riguardo maschile per la parte femminile, ma è davvero troppo poco.
Solo per nerd.
Alessandro Cellamare
L’ultima eclissi – T. Hackford, 1995
Raffinato thriller con un ritmo serrato tra presente e continui flashback che svelano a poco a poco la verità su una presunta omicida.
Magistrale l’interpretazione di Kathy Bates.
Tiziana Garneri
Durante la tormenta – O. Paulo, 2018
Dopo El cuerpo e Contrattempo, terzo centro per l’astuto Oriol Paulo, che confeziona ancora un thriller diabolico, questa volta a base sci-fi. Echi da Frequency, Durante la tormenta è l’ennesima conferma dell’incredibile e onesto mestiere iberico sul genere, altrove latitante.
Alessandro Cellamare
The Lighthouse – R. Eggers, 2019
E’ senza sosta il suono della sirena d’una nave: un ininterrotto respiro evocativo, lento e sinistro. Assai meno impalpabili, benché (forse) frutto della mente, il corpo e la carne di un’altra sirena, quella mitologica, sensuale e spaventosa allo stesso tempo.
Una claustrofobica narrazione dal sapore di mare antico, dove alla tangibilità della dura lotta per la sopravvivenza di due uomini soli “alla deriva”, fa eco l’immaterialità della psiche.
Opera ricca, complessa ed innovativa, destinata a restare isolata.
Ezio Genitoni
Il portiere di notte – L. Cavani, 1974
Lavoro molto curato, alla Bertolucci prima maniera, Il portiere di notte è un’insolita variante del rapporto vittima-carnefice che strania per un inatteso contesto. Il rapporto sadomaso meritava più cura nella genesi e nel conflitto, ma il risultato complessivo è pregevole.
Alessandro Cellamare
Un tranquillo weekend di paura – J. Boorman, 1972
L’indimenticabile dialogo tra chitarra e banjo è il preludio di un classico-cult che, attraverso un racconto fatto di soli uomini, chiaro ed essenziale, è western, avventura, noir, paura, poliziesco, viaggio, politica… Il paesaggio incontaminato e l’acqua sono gli elementi primari e modellanti che accompagnano, puniscono ed infine trasformano i quattro protagonisti in modo irreversibile.
Ezio Genitoni
Saint Maud – R. Glass, 2019
Saint Maud è un lavoro raffinato che cerca atmosfera, suggestione, inquietudine e sprazzi di terrore, ma il climax dello slow-burn non scarica quel po’ di affaticata tensione. Impossibile non pensare al delirio religioso di Carrie e fare continuamente il confronto.
Carino.
Alessandro Cellamare
Malvagi – D. Berk & R. Olsen, 2019
C’è del gusto, nella scelta degli attori, delle fisionomie, persino nei dialoghi e situazioni in Malvagi (Villains), ma la macchina carbura solo nella prima parte, e nel nucleo gli vien meno proprio la sana, cinica malvagità degli antagonisti, che parte bene e poi delude.
Alessandro Cellamare
Una moglie – J. Cassavetes, 1974
Assediata, Mabel al padre: “Per piacere, vuoi stare dalla mia parte?”
Vero: questo il pensiero che irrompe nell’immaginario dello spettatore. Una verità palpabile, a più facce. Vero il disagio psicologico di Mabel, mutevole e disorientante. Vera la reazione di Nick, che non possiede gli strumenti necessari. Un racconto intimo fortemente vincolato al tempo e ai luoghi che non per questo si sottrae dall’essere un imperdibile senza tempo.
Ezio Genitoni
Piombo rovente – A. Mackendrick, 1957
Prova di attori e scrittura, Piombo rovente è un pezzo di cinema da avere sempre in tasca a mo’ di monito ogni qual volta si crede di aver visto del buon cinema. Taglio visivo noir in una New York marcia dove cane mangia cane.
Grande colonna sonora di Elmer Bernstein.
Alessandro Cellamare
Il lungo viaggio verso la notte – S. Lumet, 1962
Opera da camera di Lumet, è una danza al massacro di quattro membri di una famiglia. Fatte salve le grandi interpretazioni, seppur a tratti troppo teatrali, è un film verbale che tende al verboso per un’eccessiva metratura e dialoghi non sempre calamitanti.
Alessandro Cellamare
Mandibules – Q. Dupieux, 2020
L’ultimo lavoro del talentuoso Quentin Dupieux è un’equilibrata, leggera commedia surreale che non sfonda gli schermi, ma rimanda al fantasy con una deliziosa genuinità a tratti infantile. L’elemento fantastico è solo macguffin, ma la mosca ha del geniale.
Che forte.
Alessandro Cellamare
Corpus Christi – J. Komasa, 2019
Terza opera del polacco Komasa, narra la storia del fragile e violento Daniel, avanzo di riformatorio toccato dalla fede. Dovrebbe andare a riabilitarsi lavorando in una segheria ma per coincidenze del caso
si spaccia per sacerdote in una piccola comunità rurale spaccata e ferita da un incidente ove sono morte molte persone. La tonaca che abusivamente indossa lo protegge sì dal mormorio del prossimo, ma in primis dalla consapevolezza della sua fede ancora fragile e vacillante.
Che si contrappone a tutti quelli che dicono di avere una fede incrollabile, granitica ma che nelle azioni si dimostrano incapaci di misericordia, pronti sempre a giudicare.
In parte il bravo B. Bielenia dallo sguardo penetrante, i cui occhi azzurri esprimono la parte angelica e quella demoniaca della sua anima.
Tiziana Garneri
Rifkin’s Festival – W. Allen, 2020
Fondere momenti della propria vita con il grande cinema. Pensare al cinema come ad una sponda per interrogarsi. Probabilmente l’abbiamo fatto tutti. Una commedia intrisa di tutti gli inconfondibili segni di Allen che, nonostante ciò, non decolla e non sorprende veramente.
Ezio Genitoni
Magic – R. Attenborough, 1978
Lezioni di suspense con Magic, caduta nel baratro della mente di un ventriloquo. Finalmente su schermo un pupazzo che spaventa anche chi non urla a prescindere per una bambola, è un titolo che dà lezione di scrittura a tutto l’inefficace cinema puppet-horror.
Hopkins strepitoso.
Alessandro Cellamare
Wyatt Earp – L. Kasdan, 1994
I western con Kevin Costner (regista o attore o entrambi) hanno ormai un setup: grande epica classica (bene) e mollezze per famiglie non ben integrate (male); Wyatt Earp ha anche una debole definizione di personaggi e situazioni, e su tre ore non si sente crescita (malissimo).
Alessandro Cellamare